L’Istat ha pubblicato il 21 maggio scorso la 33esima edizione del proprio Rapporto annuale, che esamina i cambiamenti economici, demografici e sociali che hanno interessato l’Italia nell’anno appena trascorso.
Lo studio offre un quadro informativo ampio e approfondito sulle principali sfide del nostro tempo e su quelle che il Paese sarà chiamato ad affrontare nei prossimi anni, suggerendo numerosi spunti utili per HR e welfare aziendale.
La popolazione residente in Italia continua a calare. Al 1° gennaio 2025 è pari a 58 milioni 934mila unità, in lieve diminuzione rispetto all’anno precedente. Il calo, strutturale dal 2014, è causato da un saldo naturale fortemente negativo: 651mila decessi contro 370mila nascite, con un saldo di -281mila unità. La denatalità è aggravata dalla diminuzione delle donne in età feconda, dal calo della fecondità (1,18 figli per donna nel 2024, minimo storico) e dal rinvio della genitorialità.
Aumenta la speranza di vita alla nascita, con 81,4 anni per gli uomini e 85,5 per le donne, superando i livelli pre-pandemici. Il 24,7% della popolazione ha almeno 65 anni e cresce il numero degli ultraottantenni (4,59 milioni). L’unico segmento in crescita è quello dei cittadini stranieri, che al 1° gennaio 2025 sono 5,4 milioni (+3,2% sul 2024), pari al 9,2% della popolazione.
Le famiglie diventano più piccole e frammentate. Le persone sole costituiscono il 36,2% delle famiglie, mentre le coppie con figli scendono al 28,2%. I cambiamenti coinvolgono soprattutto gli anziani: 6 milioni 875mila famiglie sono costituite da soli over 65, per il 61% dei casi da persone sole. Di queste, il 79% degli ultraottantenni vive da solo. Il 56,4% di queste famiglie è assistita da badanti, il 41% da colf, il 2,6% da entrambe.
Nonostante l’aumento della speranza di vita, calano gli anni vissuti in buona salute, soprattutto per le donne: 59,8 anni per gli uomini, 56,6 per le donne, valore minimo del decennio. Circa il 9,9% della popolazione ha rinunciato a visite mediche, a causa di liste d’attesa (6,8%) e costi (5,3%), in crescita rispetto al 2023 (7,5%) e al 2019 (6,3%).
L’indice di salute mentale nel 2024 è di 68,4 punti in media, con il disagio psicologico che peggiora con l’età. I giovani tra 14 e 24 anni registrano il punteggio più alto (70,4), mentre i 75enni e oltre quello più basso (65,1). Le disuguaglianze di genere sono marcate: tra i 14-24enni, le donne registrano 67,2 punti contro i 73,3 degli uomini; tra gli over 75, 62,7 contro 68,5.
Nel 2023, 2,9 milioni di persone vivono con disabilità (5% della popolazione), di cui 1,69 milioni donne. Tra i 75 anni e più, la quota è del 19,2%. L’88% delle persone con disabilità ha almeno una patologia cronica, contro il 33% del resto della popolazione; tra gli over 75 si sale al 95,5%.
Tra il 2000 e il 2024 il PIL italiano è cresciuto del 9,3% in termini reali, a fronte del 30% in Germania e Francia e oltre il 45% in Spagna. L’occupazione è aumentata del 16%, ma prevalentemente in settori a bassa produttività, portando a un calo del PIL per occupato del 5,8%. La produttività del lavoro nel 2024 è calata del 2%, quella del capitale dello 0,2% e la produttività totale dei fattori dell’1,3%.
Il tasso di occupazione italiano nel 2024 è il più basso dell’UE27, pari al 62,2% tra i 15-64 anni, con divari di oltre 15 punti rispetto alla Germania e quasi 7 con la Francia. Particolarmente ampio il divario tra i giovani 15-24 anni: solo il 19,7% è occupato, 31 punti in meno rispetto alla Germania.
Il tasso di disoccupazione è al 6,5%, sopra la media UE27 (5,9%) ma sotto Spagna (11,4%) e Francia (7,4%). I lavoratori standard sono il 63% nel 2024, ma oltre un terzo dei giovani under 35 e quasi un quarto delle donne hanno forme di vulnerabilità occupazionale. Il 28,1% dei giovani under 35 ha un lavoro a termine, e il 5,9% anche part-time involontario. Tra le donne, il 13,7% ha un part-time involontario (4,3% anche a termine).
La forza lavoro sta invecchiando. Tra il 2011 e il 2022 è quasi raddoppiata l’incidenza degli over 55 sui giovani under 35: per gli occupati in generale si passa da 53% a 98,6%, per i soli dipendenti da 29% a 65,5%.
L’Italia è in forte ritardo sul capitale umano qualificato. Nel 2023 solo il 40% degli occupati è laureato o lavora come tecnico/professionista, contro il 50% in Germania e Spagna e il 57% in Francia. Nel 2023, 21mila laureati tra 25 e 34 anni sono emigrati (+21,2% sul 2022); i rientri sono stati solo 6mila (-4,1%). La perdita netta è di 16mila giovani qualificati, 97mila in 10 anni.
L’Italia è avanzata nella diffusione del cloud computing (60% delle imprese nel 2023) e nella fatturazione elettronica, ma ha la quota più bassa di specialisti ICT tra le grandi economie europee. Solo l’8% delle imprese usa l’intelligenza artificiale, contro quasi il 20% in Germania.
Nelle imprese con imprenditori over 65, il numero di lavoratori over 55 è pari a quello degli under 35. Nelle imprese guidate da under 45, il rapporto scende sotto il 40%. Le imprese a rischio di mancato ricambio generazionale sono il 30,2%. Le imprese giovani assumono più giovani, soprattutto nei servizi ad alta tecnologia, dove gli under 35 rappresentano quasi il 40%.