“Se vincessi le elezioni inviterei Putin ad invadere i Paesi che fanno parte della NATO e che non rispettano il minimo del 2% della spesa in armamenti rispetto al PIL”. Parole e musica di Donald Trump, forse il politico più controverso al mondo, notoriamente fautore di un ritorno ad una politica semi-isolazionista per gli States e non nuovo ad affermazioni simili.
Valgono a poco le smentite di tutti gli altri ambienti politici e diplomatici degli USA: Trump è una vera e propria mina vagante, amico personale di Putin stesso tra l’altro, ed è il candidato con la maggior probabilità di vincere le elezioni di ottobre, un momento che, date le premesse, potrebbe rappresentare una vera e propria svolta nel fluire della storia contemporanea.

Ma per gli europei non è certo il caso di disperare, anzi potrebbe essere il momento per rafforzare l’integrazione tra gli Stati Membri dell’UE e iniziare a svincolarsi da quello che è una sorta di vassallaggio americano, quantomeno per quanto concerne la politica estera. E per farlo serve un qualcosa che il presidente francese Emmanuel Macron, ma anche altri politici di spessore come Angela Merkel, invoca ormai da anni: un esercito europeo comune. Si tratterebbe senz’altro di una delle forze armate tra le più temibili al mondo considerato l’avanzamento tecnologico e la ricchezza del Vecchio Continente, oltre al modesto, ma comunque dignitoso, arsenale nucleare della Francia (sempre da considerarsi a scopo meramente dissuasivo, sia chiaro).
Resta sempre il problema, però, che l’Europa è un gigante coi piedi d’argilla, arricchito e al contempo indebolito da culture diverse che perseguono necessariamente obiettivi differenti e faticano a percepirsi come un solo popolo, soprattutto tra le vecchie generazioni. Certamente delle risposte in merito arriveranno anche dalle prossime elezioni europee di giugno, dalle quali sembra molto probabile che emergerà il PPE, sulla carta favorevole allo sviluppo di una difesa comune, come partito leader di una coalizione decisamente più a destra dell’attuale “maggioranza Ursula”.  La paura di una Russia decisamente aggressiva e di un disinteresse statunitense sempre più marcato potrebbe giocare a favore degli “unionisti” rispetto ai “sovranisti”, a cui si aggiunge il fronte degli “antimilitaristi”, ma quel che è certo è che la strada per trovare una maggioranza solida favorevole è ancora lunga e chiunque si troverà alla guida del Governo dovrà necessariamente guardare anche all’opposizione per strappare voti essenziali per la causa, ammesso che questo meccanismo si metta in moto.

In una recente intervista rilasciata all’ex giornalista di Fox News Tucker Carlson, Putin si è premurato comunque di rassicurare gli occidentali che, nonostante l’ingresso di nuovi Paesi all’interno della NATO, non ha alcuna intenzione di attaccare la Polonia o la Finlandia, a meno che non siano loro ad attaccare la Russia. Un segno che la deterrenza della NATO è ancora ben lontana dal suo completo tramonto e che i russi, nonostante l’influenza occidentale sia andata ben oltre i confini stabiliti nei fumosi giorni della dissoluzione dell’URSS, non sono comunque in grado di allungare il tiro più di quanto non abbiano già fatto. Il bilancio della guerra con l’Ucraina, anche ammettendo che arrivino i sospirati guadagni territoriali in Crimea e Donbass, sarà comunque assai salato e per molto tempo un simile colpo di mano non sarà nemmeno pensabile, pena diventare definitivamente un fantoccio del Gigante Cinese, il più grande alleato dei Paesi “non-allineati”, ma sempre attento a perseguire prima di tutto i suoi interessi.

Storicamente gli europei sono decisamente più abituati a combattere tra loro che a cooperare in guerra. A partire dall’età moderna, ed escludendo quindi il caso sui generis delle Crociate, gli unici casi in cui gli europei hanno, temporaneamente, messo da parte le loro rivalità in nome di un fine comune sono state la Campagna di Russia di Napoleone (ovviamente senza gli Inglesi) e la Guerra di Crimea (che pure non vide partecipare i popoli tedeschi). Entrambe le volte fu la paura, giustificata o meno è una questione dibattibile, dell’Impero Zarista a mettere in moto la solidarietà dell’Europa Occidentale. Il “Nuovo Zar” finirà col ripercorrere le orme dei suoi predecessori e unire, suo malgrado, i litigiosi europei?