1840. Italia preunitaria. Il Regno delle Due Sicilie ha molti problemi, tra questi uno è destinato a non poter essere risolto: i suoi territori sono separati dal mare, più precisamente dallo stretto di Messina. Eppure un intervento per realizzare un ponte che colleghi l’isola più grande e popolosa del Mediterraneo al resto del Regno non è economicamente sostenibile per le traballanti finanze dei Borbone, quantomeno secondo l’indagine commissionata dall’allora re Ferdinando II.

Il tempo passa ed eccoci al 2024. L’Italia è unita ormai da oltre un secolo e mezzo ed è un Paese industrializzato e ricco, eppure la Sicilia, dove vive oltre 1 italiano su 12, è ancora irraggiungibile senza una nave. In questi 150 anni è bene ricordare che sono state realizzate, tra le altre cose, alcune delle opere più impressionanti che l’uomo abbia mai concepito, dal Canale di Suez a quello di Panama, dal tunnel sotto la Manica al ponte sul mare Hong Kong-Zhuhai-Macao, il più lungo al mondo con i suoi 55 chilometri. Lo stretto di Messina ne misura poco più di 3 nel suo punto meno largo. Certo non è lo stesso rispetto al ponte realizzato in Cina, che non è del tutto sospeso, ma la fattibilità teorica del progetto è stata ormai comprovata. Sfortunatamente il costo di una simile infrastruttura è destinato ad essere estremamente elevato: la zona è sismica e misure di sicurezza ben oltre lo standard dovranno essere adottate per la buona riuscita del progetto, ma i benefici che porterà sul territorio non possono essere ignorati

I costi per raggiungere la Sicilia, necessariamente calmierati dallo Stato, che giustamente deve garantire ai suoi cittadini la circolazione al suo interno, si ripercuotono giocoforza sulle tasche di tutti e, cosa ancora più grave, sull’integrazione stessa dell’isola nel sistema economico ed industriale italiano. Chiaramente perché i benefici della costruzione possano superare in termini economici il costo della stessa saranno necessari alcuni decenni, ma d’altronde mantenere una zavorra simile per lo sviluppo di una delle regioni più popolose d’Italia continuerà a comportare costi economici e sociali sempre maggiori.
Anche l’ambiente, ragionando sul lungo termine, non potrà che beneficiarne, considerando soprattutto che il Ponte sarà dotato di una struttura tale da poter permettere il passaggio di treni, una delle alternative più ecologiche possibili per gli spostamenti, e non dipenderà più dai battelli che trasportano, ora come ora, treni e macchine da Messina a Reggio Calabria. Molto interessante è in effetti il progetto, che dovrebbe essere realizzato contemporaneamente al ponte stesso, di un collegamento ferroviario che completi l’alta velocità tra Roma e Messina, garantendo un tempo di percorrenza di appena 4 ore. Le alternative agli aerei, notoriamente il mezzo di trasporto più inquinante, non sono mai state tanto appetibili. In tutto questo non si può negare ovviamente che il paesaggio non potrà che soffrirne, l’opera è comunque colossale, ma questo vale per quasi tutte le grandi opere architettoniche, dalle ferrovie alle autostrade, e, se i nostri padri avessero fatto un simile ragionamento, per andare in Francia non potremmo contare su quei tunnel, come il Frejus, che ci permettono di risparmiare ore di tempo alla guida e le conseguenti emissioni. Non va poi dimenticato che un ponte ben disegnato può anche rappresentare un valore aggiunto per il panorama, si pensi al Golden Gate Bridge, divenuto un vero e proprio simbolo di una delle più importanti città degli USA.

Ormai, dopo decenni di fallimenti di una politica impantanata da decenni in un progetto basilare per l’efficienza del sistema Italia in sé, il Ponte di Messina è diventato l’epitome delle false promesse dei politici nostrani, che però sono pur sempre l’espressione del voto di noi cittadini. In futuro sarebbe un bel segnale potesse invece diventare il simbolo di un nuovo corso per l’Italia, più attenta a non lasciare indietro la sua metà meridionale e più efficiente nella realizzazione di ogni tipo di opera pubblica… in fondo sognare non costa nulla!