Come funziona un bilancio sociale? E soprattutto cosa serve? Quando si parla di impatto sociale si parla di indicatori e di come misurare con parametri precisi e “scientifici” ciò che un organizzazione produce sul territorio. La misurazione dell’impatto è una questione sempre aperta, che tende a diventare ancora più complessa quando riguarda enti non profit ed organizzazioni coinvolte in politiche “generative”, cioè tese a diffondere modelli positivi o a strutturare reti ampie di soggetti decentralizzate e diffuse sui territori. La valutazione dell’impatto sociale di una azienda riguarda anche le organizzino profit, le cui attività hanno comunque effetti sociali, culturali e ambientali sulle comunità, in particolare su quelle in cui svolgono le loro attività. 

Il bilancio sociale è obbligatorio per gli enti non profit, almeno per la maggior parte di questi, e costituisce una sorta di carta di identità dell’organizzazione che lo redige. Oggi è una pratica ampiamente diffusa anche tra le principali imprese del profit. Il tema della misurazione è fondamentale per definire l’impatto e le redazione del bilancio. Ma non solo: esattamente come capita nei sistemi di certificazione per la compliance, obbligatoria e volontaria, il bilancio oggi è un sistema che influenza il processo delle organizzazioni che lo redigono, inizia e si conclude nella stesura del documento secondo un processo circolare “aperto”, tracciato e dinamico.  

Di bilancio sociale si è parlato a Torino durante il salone di Terra Madre in un incontro a più voci tra l’Ordine dei Commercialisti di Torino, la Facoltà di Economia dell’Università torinese, la Fondazione Candiolo per la la Ricerca e la Cura del Cancro, l’Environment Park e Slowfood

Il tema del Salone, la rigenerazione e la generatività delle politiche per la riduzione delle disuguaglianze e degli sprechi, rinvia al tema dell’impatto sociale generato, e la questione della misurabilità assume un ruolo sempre più importante. 

Il dibattito si sviluppa su due temi, la generatività e il rapporto tra la tecnicalità del bilancio, il mondo dei numeri, e la trasparenza, l’engagement con i sostenitori e gli sponsor.

La fondazione di Candiolo, utilizza il bilancio sociale come elemento di trasparenza verso i propri sostenitori. Chiunque sostiene la Fondazione sa come sono stati impiegati i soldi donati e quale risultato ha contribuito a raggiungere. Inoltre il bilancio per L’IRCC di Candiolo corrisponde ad una spinta a migliorare i processi e le attività nella logica della trasparenza oltre che della compliance. In sintesi, non si tratta solo di rispettare la legge che impone la redazione del bilancio, ma di pensare alla compliance come ad uno strumento per il miglioramento continuo dell’organizzazione e delle risorse che vi operano. Nel non profit la sostenibilità e la trasparenza sono vantaggi competitivi molto importanti.

Slow Food ed Environmnet Park sono invece casi emblematici di come l’impatto sociale non si riduca solo a quello prodotto direttamente dall’organizzazione, ma si estenda anche a quello generato accompagnando altri soggetti a seguire modelli più sostenibili, oppure a diffondere comportamenti e stili di vita diversi. In questi casi serve un sistema di misurazione diverso. L’università ha definito un modello che valorizza la sostenibilità come fattore economico in un progetto più ampio di terza missione con le organizzazioni del territorio, tra cui quelle che hanno animato il dibattito. Secondo Paolo Bianconi, Ordinario di Economia all’Università di Torino, il bilancio sociale può essere una strategia molto efficace di cambiamento. La compliance inoltre va pensata come una sfida sia per i professionisti e per le aziende: per i rappresentanti dell’Ordine dei commercialisti se non viene vissuta come puro obbligo di legge, ma come strumento diventa un motore potente per il miglioramento del tessuto imprenditoriale del sistema produttivo del paese. Può stimolare innovazione e sviluppo. E può stimolare la costruzione di nuovi modelli di sviluppo, più armonici e meno schiacciati sulla sola crescita economica. 

Per Emanuela Barreri, presidente di Environment Park, serve un concetto olistico di sostenibilità. Il tema della questione dell’impatto degli Enti che fanno e producono sostenibilità accompagnando altre organizzazioni a fare sostenibilità rinvia alla complessità della rete e del contesto con cui ci si relaziona. Il bilancio sociale quindi va inteso come un processo che si autoalimenta, ma “va pensato come uno strumento per l’innovazione sociale e per la rigenerazione delle organizzazioni che operano sui territori”, in una logica “multi StakeHolder” non solo sommatoria, ma di prodotto, cioè di sviluppo e partecipata. L’innovazione è senz’altro un fatto culturale prima che tecnologico, ma allo stesso modo l’innovazione sociale è un fatto economico oltre che culturale. La contaminazione dei piani e la nuova alleanza tra profit e non profit sembra oggi essere la strada per innovare dal basso, puntando alla partecipazione e al coinvolgimento in una fase di transizione molto complessa per l’Italia e in generale per tutto il mondo occidentale.