I risultati di una ricerca allarmante sull’ampia fascia della “Generazione Z” (ragazzi nati tra il 1997 e il 2012) sono stati recentemente pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS). L’indagine, incentrata sull’età compresa tra gli 11 e i 17 anni, ha individuato circa 66.000 casi di hikikomori, giovani che si ritirano dalla vita sociale per lunghi periodi, isolandosi nelle proprie abitazioni.
Questo studio rappresenta il primo approfondito esame di tale fenomeno in Italia, sebbene con alcune limitazioni, tra cui l’esclusione degli studenti non frequentanti le scuole medie o superiori. Il termine “hikikomori”, di derivazione giapponese e che significa “stare in disparte”, identifica un fenomeno in crescita che colpisce principalmente i giovani, con una prevalenza maschile compresa tra il 70% e il 90%.

Le cause dell’hikikomori possono variare e includono fattori caratteriali come sensibilità e inibizione sociale, familiari come l’assenza del padre e l’iperprotettività materna, scolastici come il bullismo e il rifiuto della scuola, e sociali come la pressione sociale e una visione negativa del mondo. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la dipendenza da internet non è la causa principale dell’hikikomori, ma piuttosto una conseguenza dell’isolamento. I giovani che si ritirano dalla vita sociale spesso utilizzano la rete come mezzo per sfuggire alla realtà e sentirsi meno soli.

Lo studio dell’ISS, integrato con i dati del CNR, stima che in Italia ci siano tra 50.000 e 100.000 casi di hikikomori solo tra la popolazione studentesca. Si tratta di un problema di notevole entità che richiede un impegno concreto da parte delle famiglie, delle istituzioni e della società civile. Affrontare l’hikikomori richiede un approccio multidisciplinare, con azioni cruciali come la sensibilizzazione sul fenomeno attraverso l’informazione alle famiglie e alla società in generale, l’intervento precoce per individuare segnali di allarme come l’isolamento e la depressione, il supporto psicologico per i giovani e le loro famiglie, e la promozione dell’inclusione sociale attraverso la creazione di reti di supporto.