L’impact investing e la finanza responsabile che sperimentano nuove soluzioni ed individuano standard nuovi spingono il terzo settore verso una profonda trasformazione “culturale”, accelerando e rimodulando lo sviluppo di tutta l’imprenditoria a impatto sociale. L’idea della misurabilità è alla base di questa trasformazione e il tema dell’impatto è molto politico, implica governance e metriche nuove, e soprattutto paradigmi innovativi con cui rileggere contesti e sistemi in fase di transizione. La finanza ed il mercato non riesce a ridistribuire ricchezza in maniera efficiente. Nel concreto la sostenibilità in questo senso consiste nel selezionare e sostenere iniziative ad impatto, scalando, replicando e moltiplicando i modelli capaci di auto-sostenersi e generare valore e ricchezza. La platform economy per una strana eterogenesi dei fini sta generando una “stakeholder economy”, che si traduce concretamente in una nuova filosofia contabile in grado di misurare la “salute” di un’organizzazione non solo per come risponde ai suoi azionisti e per quanto valore finanziario associa alle azioni (shareholders), ma anche per come risponde ad una platea estremamente più larga di interessi che si strutturano nella comunità di riferito, o nella community dei consumatori (stakeholders). Le trasformazioni valoriali, umane e climatiche degli ultimi anni stanno entrando nella definizione dei bilanci d’impresa, proprio a partire dalla sostenibilità sociale ed ambientale. Il fatto che l’impatto o la consapevolezza sulle trasformazioni sociali, fisiche e ambientali siano parte del valore generato dalle organizzazioni e siano entrate a pieno titolo nella definizione dei bilanci d’impresa rende necessario il perfezionamento delle metriche e degli standard per la misurazione.

Oggi è in corso un dibattito molto interessante che coinvolge economisti, filosofi e politici, che punta a riconnettere il profitto finanziario al valore ambientale e sociale e che per certi aspetti coincide con una svolta di grande portata.

La questione è politica, oltre che tecnica e riguarda la governance di un sistema che deve includere tutti gli attori. Si è calcolato che per raggiungere gli obiettivi previsti dall’agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile servono tra i 2,5 e 5 trilioni di dollari all’anno, una quantità di risorse molto superiore alla disponibilità degli stati coinvolti nella sfida degli SDGs e che implica la necessità di mobilitare risorse private. Il mondo dell’impresa e quello della finanza ha compreso la necessità di riallinearsi al mondo reale, un po’ per convenienza, un po’ per convinzione.

I bilanci di sostenibilità hanno in questa ottica due funzioni, una di orientamento valoriale in grado di caratterizzare un brand in senso positivo, una di comunicazione con il mondo, per favorire ingaggio e posizionamento. Il Brand Activism di moda oggi fa brand ed è sempre più decentralizzato ed orientato all’ingaggio e alla fiducia che crea valore in molti modi. In pratica la sostenibilità è molto più di un Hype nel mondo dei prosumer e del platform model business. Non solo l’identità dell’azienda coincide con il prodotto. La capacità di un brand di intercettare le emozioni e i valori della propria comunità di riferimento consente uno sviluppo continuo dell’organizzazione da tutti punti di vista. Gli esempi sono molti. La capacità di attirare talenti e trattenerli dipende oggi sia dalle opportunità che vengono offerte alle risorse da inserire in organico, sia dall’identità di quella stessa organizzazione, in particolare per la GenZ e i millenials e non solo. Il rapporto con la comunità che conferisce identità e posizionamento ai prodotti dipende da quanto l’azienda riesce ad intercettare i valori della propria community. I grandi Brand con la sostenibilità ambientale e sociale semplicemente si allineano al sentire dei consumatori, oppure cercano nuovi target che ritengono interessanti.
E infine anche l’energia, la materia più trascurata degli ultimi anni, uscirà trasformata dagli eventi in corso, anche se per il momento si rimane in stallo, con aumenti dei prezzi che non si scaricano in maggiori investimenti ed una maggiore produzione di petrolio e gas.