SERVE UN DIGITAL OMNIBUS PER IL FUTURO DELLE IMPRESE E DELL’INNOVAZIONE EUROPEA
- davidecuneo
- 5 giorni fa
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Serve un Digital Omnibus che guardi al futuro delle imprese e punti a un mercato europeo sempre più in espansione. È questo l’appello che rivolgono startup e politici italiani nell’ambito dell’evento “Appello per un Digital Omnibus più ambizioso ed efficace per l’Innovazione e la competitività europea”, che si è tenuto alla Camera dei deputati il 3 dicembre 2025.
L’iniziativa è stata promossa dagli onorevoli Andrea Volpi e Antonio Giordano, in collaborazione con Italian Tech Alliance, l’Associazione Nazionale Giovani Innovatori (Angi), Zest e Ai Salon, e ha visto la partecipazione di una vasta coalizione di attori italiani dell’innovazione. La richiesta rivolta all’esecutivo dei 27 Stati membri è quella di sviluppare una riforma strutturale del quadro normativo digitale europeo, con particolare attenzione all’Ai Act.
Un intervento “serio e incisivo – spiega Volpi – per semplificare il quadro normativo europeo. Solo così – aggiunge – potremo assicurare un terreno fertile per la competitività e l’innovazione delle imprese e delle startup italiane ed europee”.
“La nostra linea è chiara – afferma l’onorevole Antonio Giordano, segretario del partito conservatore europeo (Ecr) –: tutela e sicurezza dei cittadini europei, insieme al pieno sostegno all’innovazione. Oggi l’Europa rischia un cortocircuito: una regolazione molto avanzata sull’Ai, senza una corrispondente forza tecnologica e produttiva. Serve riequilibrare l’azione europea: meno ossessione per il dettaglio, più capacità di competere e crescere. Come forza di governo e come conservatori europei ribadiamo un principio: diritti garantiti e, allo stesso tempo, libertà di innovare. È l’impegno che confermiamo e che porteremo avanti”.
Il “Digital Omnibus Regulation” è il nuovo pacchetto normativo presentato dalla Commissione europea, un intervento organico volto a razionalizzare l’intero ecosistema delle norme digitali dell’Unione, semplificando e armonizzando un quadro regolatorio che negli ultimi anni si è stratificato attraverso strumenti come il Gdpr, il Digital Services Act e l’Ai Act. Questa proliferazione normativa, pur nata con l’obiettivo di tutelare i diritti e lo sviluppo tecnologico, ha prodotto un sistema complesso che ha relegato l’Europa a spettatrice nella trasformazione digitale globale, più concentrata sulla regolamentazione che sulla sperimentazione e la crescita.
Come indicato dal Manifesto presentato alla Camera, richiamando le parole di Christine Lagarde e Mario Draghi, “l’Europa ha già perso l’opportunità di essere first-mover nell’Ai”. Dal 2019, l’Ue ha approvato oltre 70 normative digitali, raggiungendo più di 100 leggi e 270 regolatori attivi. L’effetto del Gdpr ha aumentato il costo dei dati del 20% rispetto agli Stati Uniti, scoraggiando gli investimenti, mentre la quota europea nel mercato tech globale è precipitata dal 20% al 4% dagli anni 2000. L’Ai Act ha introdotto ulteriori livelli di complessità, regolando la tecnologia in sé e non solo i suoi utilizzi.
I promotori dell’Appello ritengono che si tratti di una revisione solo superficiale e che servano interventi strutturali, perché per le startup la semplificazione non è un’ideologia, ma una condizione indispensabile per investire, crescere e trattenere talenti.
Le voci dell’ecosistema innovativo hanno definito l’approccio europeo troppo “timido e burocratico”. Roberto Magnifico, Partner e Board Member di Zest Innovation, ha sintetizzato la richiesta delle startup: “Le startup italiane sono pronte a fare la loro parte, ma le istituzioni devono dimostrare la stessa ambizione”, chiedendo quindi un ampliamento del Digital Omnibus per affrontare le criticità dell’Ai Act.
L’urgenza è legata alla crisi di competitività: secondo Luca Visconti, Ceo di HEU, l’Europa procede con il “freno a mano tirato”, avendo approvato dal 2019 più di 70 norme digitali che hanno contribuito al crollo del peso europeo nel mercato tech globale. Visconti ha avvertito che senza modelli Llm europei, l’Europa rischia di adottare categorie e valori non propri, trasformandosi in un continente che “rinuncia a raccontarsi”.
La critica si è concentrata soprattutto sull’Ai Act. Gabriele Ferrieri (Angi) ha chiesto una riforma coraggiosa, in particolare del Capitolo V sui modelli Gpai, che “pone limiti alla tecnologia in sé, indipendentemente dall’uso”. Dello stesso avviso Lorenzo Luce, Ceo di BigProfiles.ai, secondo cui se si aspettassero dieci anni per migliorare l’Ai Act, “l’Italia e l’Europa sarebbero fuori dalla competizione”. Luce accusa l’atto di “azzoppare un’industria sul nascere”, sottolineando che le startup non chiedono solo fondi, ma di essere “libere di concorrere in un mercato globalizzato”. Una dicotomia riassunta da Alessandro Ramponi (Tropico Security) con la formula: “Gli Usa creano, la Cina replica, l’Ue regolamenta”, evidenziando la necessità di un cambio culturale.
Le difficoltà pratiche sono numerose. Antonio Ruscitti, ceo e co-founder di Dishup, sottolinea che a San Francisco nascono 20 startup Ai all’anno, mentre in Europa solo una, segno che negli Stati Uniti la non-regolamentazione è vista come “un’opportunità”, mentre in Europa come una minaccia. Giulia Di Tomaso, Cto di Heremos, ricorda che l’approvazione del comitato etico per l’uso dell’Ai in ambito medico può richiedere da sei mesi a un anno, rallentando le scoperte. Infine, Lucia Viola della startup Comunico esprime la speranza che le istituzioni abbiano finalmente il “coraggio di semplificare” e di dare la spinta necessaria alle startup e alle imprese italiane ed europee.





















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