Al 31 dicembre 2020 le istituzioni non profit attive in Italia sono 363.499 e impiegano complessivamente 870.183 dipendenti. Le istituzioni crescono di più al Sud (1,7%) e nelle Isole (+0,6%), sono stabili al Centro e nel Nord-ovest, in diminuzione al Nord-est (-0,5%). La forma giuridica che raccoglie la quota maggiore di istituzioni (85,2%) resta l’associazione, seguono le INP con altra forma giuridica (8,4%), le cooperative sociali (4,1%) e le fondazioni (2,3%). E’ quanto emerge dai dati del censimento Istat delle istituzioni non profit. Il settore dello sport raccoglie il 32,9% delle INP, seguono i settori delle Attività culturali e artistiche (15,9%), delle Attività ricreative e di socializzazione (14,3%), dell’Assistenza sociale e protezione civile (9,9%). Alla luce dei risultati della rilevazione campionaria il 72,1% delle INP attive nel 2021 si avvale dell’attività gratuita di 4,661 milioni di volontari. Anche se in calo rispetto agli ultimi dati disponibili riferiti al 2015 (-15,7%), i volontari italiani rappresentano uno dei pilastri portanti del settore. Le istituzioni che operano grazie al contributo dei volontari e i volontari stessi si concentrano nei settori delle attività culturali e artistiche, sportive, ricreative e di socializzazione. Tutte insieme aggregano il 65,2% delle istituzioni con volontari e il 54,5% dei volontari. I volontari impegnati nel settore non profit sono per il 57,5% uomini e il 42,5% donne, ma l’incidenza di donne è più alta in questi settori: Religione (con 55 volontarie su 100 volontari), Cooperazione e solidarietà internazionale (53,4% di volontarie), Filantropia e promozione del volontariato (52,7%), Istruzione e ricerca (51%) e Sanità (49,2%). Le INP con una struttura organizzativa più ampia rispetto ai volontari impegnati sono quelle attive nel settore sanitario, con 40 volontari in media per istituzione (il dato nazionale è di 18 volontari). Di dimensioni nettamente superiori sono le istituzioni operanti nel settore della Filantropia e promozione del volontariato (37 volontari in media), della Religione e dell’Assistenza sociale e protezione civile (in entrambi i casi con 30 volontari in media). L’86,5% delle INP attive nel 2021 è impegnato in attività rivolte alla collettività in generale (attività diretta ad un vasto pubblico e non a singoli individui), mentre il 13,5% orienta la propria attività ed eroga servizi a categorie di persone con specifici disagi. Considerando le diverse categorie sociali con situazioni di fragilità, vulnerabilità o disagio, nel 55,8% dei casi le INP si occupano di disabilità fisica e/o intellettiva, nel 32,9% di persone in difficoltà economica e/o lavorativa, nel 31,2% di persone con disagio psico-sociale, nel 25,3% di persone vulnerabili, ad esempio in condizione di solitudine o isolamento. La transizione digitale è un elemento cruciale per accelerare i processi di innovazione del settore non profit e consente alle INP di rispondere efficientemente ai bisogni sociali sul territorio, fornendo tempestivamente i servizi volti alle comunità di riferimento. Nel 2021, il 79,5% delle INP italiane ha utilizzato almeno una tecnologia digitale. Fra i principali fattori che hanno rallentato la digitalizzazione del settore non profit si registrano la carenza di risorse finanziarie e la scarsa cultura digitale, indicate rispettivamente dal 26,4% e dal 15,7% delle INP non digitalizzate. Gli stakeholder con cui le istituzioni hanno avuto relazioni significative nel corso del 2021 sono soprattutto soggetti interni alle organizzazioni. Tra questi, i più coinvolti sono i soci (70,0%), seguono i volontari (47,4%) e i destinatari delle attività (46,5%); più bassa la quota delle istituzioni che indicano di avere rapporti con i lavoratori retribuiti (14,2%) e con i donatori (10,2%).